Sommario

MUSSOLINI
ALLA CONQUISTA
DEL POTERE

Guido Dorso


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Mauro Liistro Editore

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eISBN: 9783964542861


I
SEGNI PRECOCI

Controversa genealogia dei Mussolini.

Benito Mussolini nacque il 29 luglio 1883 alle 2,45 pomeridiane in Varano de' Costa, nella Villa San Cassiano, al n. 18 B, nel villaggio di Dovia, frazione del comune di Predappio, da Alessandro Mussolini fabbro-ferraio, e da Rosa Maltoni, insegnante elementare inferiore1.

La sua nascita venne denunziata all'ufficio di Stato Civile di Predappio il giorno successivo alle sei pomeridiane e gli vennero imposti i nomi di Benito, Amilcare, Andrea.

Il padre, militante nel Partito socialista, prescelse questi nomi per compiere una manifestazione politica. Infatti il nome di Benito fu scelto in omaggio al rivoluzionario messicano Benito Juarez, quello di Amilcare in omaggio al rivoluzionario italiano Amilcare Cipriani e quello di Andrea in omaggio al deputato socialista Andrea Costa2.

Il villaggio di Dovia, detto allora come ora 'Piscanza', non godeva buona rinomanza, perché composto di gente rissosa. Alessandro Mussolini, vi fondò una sezione dell'Internazionale, che, in seguito, venne sciolta da una raffica poliziesca3.

Il cognome era originariamente quello di Mucciolini, poi trasformatosi in Muccellini, Muccolini, Mussellini, Musselini ed infine in Mussolini4.

Dopo l'avvento, i biografi fascisti si sono dati gran da fare per nobilitare la famiglia Mussolini e, a loro dire, due rami di essa si sarebbero illustrati: il primo trasferitosi nel 1200 a Ferrara, poi a Padova ed infine a Venezia dopo aver ottenuto il titolo comitale nel 1480, iniziò la propria discesa. Il secondo ramo invece, sarebbe forlivese, ed una figlia di Giacomo Muccolini, a nome Paola, sposò Flavio Biondo. Non si sa se questi Mussolini siano veramente gli antenati del duce ed i biografi fascisti, dopo aver posto, ma non dimostrata, la discendenza della famiglia di coloni, a cui il duce appartiene, da questa lontana prosapia, finiscono per pubblicare un albero genealogico che ha inizio con un Francesco Mussolini, nato a Calboli nel 16675.

"Ero un bambino puntiglioso e violento"

La puerizia del futuro duce dell'Italia fascista trascorse interamente lungo i campi e le strade maestre. Tutti i biografi fascisti, per quanto hanno tentato di idealizzare i primi anni di vita del duce, non hanno potuto evitare di giungere alla conclusione che egli "fu un fanciullo come tutti gli altri" e che "nessuna particolarità lo distinse dal ragazzo provocatore, sempre desioso di fare a pugni, di gareggiare nella corsa e nella scalata degli alberi da frutto, dal ragazzo che cerca la lotta per puro spirito agonistico e sempre vuol dominare, e quando vince vuol piú del pattuito, e quando perde non vuol pagare la posta in giuoco6".

Del resto queste caratteristiche sono confermate dal duce stesso, che, nel già citato quaderno di ricordi personali7 così scrive: "Io ero un monello irrequieto e manesco. Piú volte tornavo a casa colla testa rotta da una sassata. Ma sapevo vendicarmi. Ero un audacissimo ladro campestre. Nei giorni di vacanza mi armavo di un piccolo badile e insieme col mio fratello Arnaldo passavo il mio tempo a lavorare nel fiume". La madre non poteva condurlo nemmeno in chiesa, perché, dopo essere stato fermo per qualche minuto, procedeva subito a tirare le sottane alle donne vicine o a disturbare "i ragazzi della dottrina"8.

Evidentemente questa tendenza del ragazzo a divenire discolo doveva preoccupare fin d'allora la famiglia e perciò Alessandro Mussolini costringeva il figlio a frequentare l'officina per tirarvi il mantice9, mentre il maestro Silvio Marani, amico del padre, gli insegnava l'alfabeto.10

Ma l'ambiente semiselvaggio e l'isolamento non potevano che inasprire la tendenza del nostro eroe a diventare sempre piú ribelle ai freni delle prime coercizioni. Infatti egli viveva in un ambiente assai rurale ove i bambini stupivano all'apparire di un cappello per signora11. Non c'è, perciò, da meravigliarsi se egli trasse scarso profitto dall'insegnamento materno e da quello del maestro Silvio Marani, cui fu affidato poi, tanto da trovarsi all'età di nove anni ancora in terza elementare.

Urgeva, quindi, provvedere, ed Alessandro Mussolini e Rosa Maltoni si trovarono d'accordo nell'idea di chiudere il ragazzo in convitto. Dopo le spiegabili esitazioni del padre sulla scelta, lo affidarono alle cure dell'Istituto Salesiano di Faenza, diretto in quell'epoca dal Rev. don Giovan Battista Rinaldi.

Entrato nel settembre del 1892, fu assegnato alla terza elementare, retta da don Travaini e poi dal maestro laico Agostino Bezzi. Anche qui egli si mostrò svogliato e ribelle, cosicché cominciarono a fioccare i rimproveri del Consigliere scolastico ed i castighi del direttore12, ma la severa disciplina dei Salesiani valse a fargli trarre un certo profitto dall'insegnamento, tanto vero che fu promosso alla quarta elementare.

I suoi compagni notarono fin d'allora la sua tendenza a sopraffare gli altri13, e cominciarono ad affiorare alcuni dati fondamentali del suo carattere che non spariranno mai piú.

Nell'anno successivo frequenta la quarta elementare, ma è cosí irrequieto che, nella sala da studio, deve essere messo tra due compagni piú anziani – Vincenzo Liverani ed Edoardo Bedeschi – per evitare che venga alle mani con i suoi compagni14.

Naturalmente le punizioni si susseguono finché viene per la prima volta espulso per aver dato una temperinata ad un suo compaesano convittore15. Accorrono i genitori e, dopo ripetute preghiere, il Rettore acconsente a riprenderlo fino alla fine dell'anno scolastico16.

Infatti ottenuta la promozione alla quinta elementare, il Padre don Giovan Battista Rinaldi, direttore dell'Istituto, "annunzia con rincrescimento ad Alessandro Mussolini che, a settembre, non potrà piú ammettere tra i convittori il suo figliuolo, poiché il suo temperamento non si è piegato alla disciplina salesiana"17.

Fu giocoforza, perciò, riportarlo a Predappio, ove venne riaffidato alle cure del maestro Marani, il quale con molta pazienza, lo preparò per l'esame di licenza elementare che Mussolini felicemente superò in Forlimpopoli nel luglio del 1895 all'età di dodici anni compiuti18.

Il problema, però, rimaneva integro per i poveri genitori. Il ragazzo era intelligente e poteva fare, ma doveva essere sottratto al fascino della strada. Ed ecco la povera Rosa Maltoni esporre al prefetto di Forlí che le strettezze della famiglia sono tali da minacciare di far troncare gli studi ad un suo bambino dodicenne che a detta dei suoi maestri lusinga di promettere qualche cosa"19 ed invocare una gratificazione.

Ma il prefetto di Forlí non degnò la supplica nemmeno di una risposta, cosicché fu necessario provvedere diversamente. Ed in effetti, a furia di sacrifici, i poveri genitori riuscirono ad iscrivere il piccolo Benito alla prima classe tecnica di Forlimpopoli, istituto preparatorio della R. Scuola Normale della stessa città. Venne quindi posto a pensione presso una famiglia del paese in via Sendi n. 2020, e cominciò a trascorrere cosí il suo tempo tra la frequenza scolastica, le passeggiate sui circostanti colli ed i viaggi settimanali in famiglia.

Però, di tanto in tanto, il suo carattere violento si risvegliava. Durante il secondo anno di scuola tecnica, venne alle mani, per una questione di giuoco, con tre compagni riducendoli a mal partito. Naturalmente fu sospeso dalle lezioni, e il preside dell'Istituto, prof. Valfredo Carducci, fratello del Poeta, notificò alla famiglia l'avvenuta sospensione. Ma i genitori corsero a Forlimpopoli, e con l'ausilio dell'amico Rino Balducci riuscirono a farlo riammettere21.

Egli continua cosí il suo curriculum scolastico senza infamia e senza lode, studiando soltanto quel poco che è necessario per essere promosso agli esami.

Al principio del 1898 viene costituito il concerto bandistico dell'Istituto e Mussolini vi partecipa come suonatore di tromba a pistone22.

L'ultimo episodio scolastico di rilievo ha luogo nel giugno 1898 all'approssimarsi degli esami di licenza tecnica. Mancava il professore di storia e l'insegnante d'italiano assegnò agli alunni il tema: "Il tempo è danaro". Dopo qualche poco Mussolini presentò all'assistente un pezzetto di carta su cui si leggeva: "Il tempo è moneta, perciò vado casa a studiare la geometria, avvicinandosi l'esame. Non le pare piú logico? B. Mussolini23".

Il consiglio dei professori si riuní d'urgenza e lo sospese dalle lezioni per dieci giorni.

Pochi giorni dopo ebbero luogo gli esami di licenza tecnica e Mussolini fu approvato.

Anarchico individualista.

Per poter frequentare la R. Scuola Normale fu necessario chiuderlo nuovamente in convitto, e cosí Benito Mussolini entrò nel convitto Giosue Carducci annesso alla Scuola Normale di Forlimpopoli. Strano tipo di convitto, nel quale era stata abolita la divisa, sicché i convittori – quasi tutti figli di maestri elementari – vestivano come volevano e come potevano, portando come unico distintivo un berretto nero da portiere con gallone d'oro.

Mussolini inalberò immediatamente un'enorme cravatta nera, poiché egli in quel tempo si qualificava anarchico individualista24 e si distinse per l'amore al 'soave licor di Bacco'25.

Iniziatosi il nuovo anno scolastico 1898-1899 il futuro duce continuò a studiare quel tanto che era necessario per non essere bocciato, ed a fare il proprio comodo in iscuola. I suoi biografi sono d'accordo nel riferire che egli mancava talvolta alle lezioni o si rifugiava negli ultimi banchi per leggere i giornali, scarabocchiare caricature su caricature e redigere proclami "che incominciavano col vocativo imperativo 'cittadini' e finivano quasi sempre con la parola Rivoluzione!26".

Fin d'allora egli tiene frequenti 'concioni' ai convittori e manifesta tendenze spiccate per l'azione diretta. Capeggia quindi le proteste collettive e si distingue per la violenza del suo linguaggio27. Egli si protesta positivista e legge Ardigò28.

L'impressione che egli suscita, al primo incontro, non è gradevole, anche perché egli non ispira vere amicizie29.

Durante il secondo corso, la scuola riceve la gradita visita di Giosue Carducci, ospite del fratello Valfredo, ed ecco, a distanza di tempo, la delizia del pezzo di colore: "Uno solo, fra tanti, raccolti quella mattina sullo spiazzo di Forlimpopoli, non aveva partecipato, esteriormente, alla calda manifestazione tributata al grande ospite; ma era rimasto lí immobile, la tromba in una mano, e il berretto nell'altra, fisso lo sguardo profondo sulla fronte ampia del vate, illuminata dal genio, e già baciata dalla gloria piú pura. Dopo la visita di Giosue Carducci, che volle fare la conoscenza personale dello studente Mussolini..."30.

Durante il terzo corso i convittori sono presi dalla mania di partecipare ai balli pubblici, e, per tutto il carnevale, Benito Mussolini guida un'allegra combriccola, che lascia di notte il convitto scendendo attraverso il medievale sistema delle lenzuola annodate, e rientra alla chetichella all'alba31.

Altro episodio degno di rilevo in questo periodo è l'incarico che viene dato a Mussolini a fine del gennaio 1901 di commemorare Giuseppe Verdi32.

In conclusione, dopo un corso di studi abbastanza irregolare, e dopo aver date ripetute prove d'indisciplina, l'8 luglio 1901 Benito Mussolini consegue la licenza della R. Scuola Normale, meritando il diploma d'onore e l'encomio solenne dei professori.

Durante tutto il periodo di preparazione scolastica egli non ha mai dato l'impressione di essere destinato a grandi cose, ed i biografi fascisti, che pure hanno scritto pagine su pagine per magnificare ogni atto del duce, debbono finire per confessare che il loro eroe in fanciullezza non eccedette l'aurea mediocritas33.

Il maestro ha il 'pugno di ferro'.

Tornato a Predappio con il diploma, vi si ferma per alquanti giorni, e, venuto a diverbio con un contadino, per poco non lo accoltella34.

Poi va in vacanza a Cattolica, ospite di Cesare Del Prete, amico e compagno di scuola. Durante tale periodo, in occasione di una malattia del Del Prete, per ringraziare il medico curante, che aveva rifiutato il compenso, Mussolini redige un sonetto35.

Concorre a posti d'insegnante a Legnano, Castelnuovo Scrivia, Tolentino ed Ancona, ma senza risultato36. Allora pensa di rivolgersi al sindaco di Predappio per avere un posto di scritturale nel Municipio, ma la sua domanda non viene accolta perché, "per le sue peculiari qualità, non è adatto a fare l'impiegato37".

Secondo alcuni in questo periodo di attesa egli avrebbe cominciato a studiare il latino sotto la guida del prof. Everardo Avogaro, e suonare il violino prima da solo, e poi sotto la guida del maestro di musica e insegnante d'archi Archimede Montanelli38.

Comunque, quando ai primi di febbraio, il neo-maestro è ormai rassegnato alla disoccupazione, giunge una lettera del sindaco di Gualtieri Emilia – primo comune rosso in Italia – che gli offre un posto di supplente. Egli accetta ed il 12 febbraio 1902 sull'imbrunire giunge a Guastalla per poi proseguire a piedi per Gualtieri.

Gli vengono assegnate la seconda e la terza classe delle scuole rurali di Pieve di Saliceto, distante dal capoluogo due chilometri.

A Gualtieri Emilia egli resta per tutto l'anno scolastico e la sua vita si svolge monotona e senza eccessive variazioni. La mattina egli si reca a scuola, nel pomeriggio legge i soliti giornali socialisti e la sera o giuoca a tressette o va a ballare. Anche in queste prosaiche attività il suo temperamento ha il sopravvento. Infatti stringe amicizia con alcuni giovinastri e con essi costituisce un'accolita dedita a disturbare i buoni villici durante i balli serali e le feste campestri39.

E di fronte al pericolo che comporta una simile attività egli non trova di meglio che armarsi di un 'pugno di ferro' per poter difendersi dopo aver commesso una soperchieria40.

Tutto ciò non gli fa trascurare i suoi doveri scolastici. Egli, infatti, è assai diligente alle lezioni, ma appena saluta gli altri insegnanti e non si ferma mai a parlare con essi41.

Tale natia selvatichezza non gli vieta, però, di partecipare ad un convegno magistrale a Santa Vittoria, ove è presente un altro maestro elementare, che diverrà anch'egli assai noto nell'immediato dopoguerra: Nicola Bombacci. Ma forse lo fa soltanto per il gusto di pronunziare una violenta allocuzione, che è un'anticipata requisitoria del suo futuro fascismo: "Dovremmo vergognarci di discutere senza avere la visuale esatta del problema. Il fanciullo è, nelle nostre campagne, il prodotto preciso dell'ambiente in cui vive. Pesa sulla sua anima il grave destino della sua famiglia proletaria. Sa, che dovrà sempre dare, dal momento della ragione fino a quello della morte, ad un triplice ordine di istituzioni: il capitale, i capi politici, la vergogna senza nome delle clientele rappresentative. E, dopo aver dato, cosa riceve in cambio? nella totalità dei casi delle vergate sulle mani, quando presenta, lui che abita in una casa piú modesta di una stalla, un quaderno macchiato. E oltre a questo regalo indesiderato, cosa gli si dona in ricchezza spirituale per la sua vita di domani? Gli si donano semplicemente simili belle parole: 'Sii fiero di appartenere all'Italia, a questa Nazione che, dopo venticinque secoli, ancora illumina il mondo'. E non si ha il coraggio di dirgli chiaramente le nostre vergogne che si perpetuano di padre in figlio e in nipote e cosí via, da parte di una miserabile élite borghese contro la quale non siamo capaci di levare le nostre insegne"42.

Tutti gli autori sono concordi nel dire che "in segno di protesta ad uno ad uno i cari colleghi avevano abbandonata la sala, e alla fine della sua dichiarazione, gli ultimi varcarono anch'essi la soglia per uscire"43.

Terminato l'anno scolastico non vi sono grandi possibilità che la supplenza gli venga rinnovata, anche perché nella carica di segretario del circolo socialista, piuttosto che cattivarsi le simpatie dei maggiorenti locali, egli se l'è alienate44.

E allora decide di emigrare a Ginevra, allettato dalla promessa di un posto quale magazziniere in una ditta di ferrarecce45 ed ai primi di maggio scrive al padre per ottenere il consenso per il rilascio dei passaporti.

Infatti tale consenso gli perviene, e, dopo aver sostituito il 2 giugno 1902 l'oratore ufficiale, improvvisamente assentatosi, nel discorso commemorativo di Garibaldi, il 9 luglio 1902 si allontana da Gualtieri Emilia.


II
LE AVVENTURE DI UNO SPIRITO NOMADE

Da Losanna a Berna a Ginevra.

Il 9 luglio 1902 Benito Mussolini attraversa la pianura padana diretto in Isvizzera. Alla stazione di Chiasso apprende dal 'Secolo' che il padre è stato arrestato perché implicato nei disordini accaduti durante le elezioni amministrative di Predappio46. Tuttavia egli decide di proseguire il viaggio.

Per consiglio di un italiano, incontrato nel treno, prosegue fino a Yverdon, patria di Pestalozzi, nella speranza di trovare occupazione presso un negoziante di tessuti, ma tale speranza rimane delusa, e l'indomani, con un pittore disoccupato, si reca nella vicina città di Orbe, dove trova lavoro come manovale edile. Rimane, però, in questa città soltanto una settimana, perché il padrone quasi subito lo licenzia.

Il 20 luglio 1902, perciò, si trasferisce a Losanna, ove dopo una settimana di ozio, si riduce al verde. Allora prende alloggio sotto il Grand-Pont di Losanna, ed è costretto a mendicare47. Arrestato per vagabondaggio, dopo due giorni viene prosciolto. Finalmente trova lavoro come muratore48.

Ma, nell'imminenza dell'inverno deve cambiare mestiere e si occupa come garzone di vinaio in un negozio di Rue du Pré, dove sbriga le faccende e litiga frequentemente con la padrona che lo accusa di mangiar troppo e rubare il vino49.

Durante questo periodo aiuta un po' l'avv. Barboni nella compilazione dell''Avvenire del Lavoratore' e frequenta l'Università per stranieri50.

Ben presto però si stanca anche di ciò e si trasferisce a Ginevra, ma qui nemmeno resiste e va a Berna ove stringe intimi rapporti con Lucio e Giacinto Menotti Serrati51.

Secondo alcuni autori proprio in questo momento Mussolini avrebbe preso contatto con le dottrine sindacaliste. Ma tra gli influssi anarchici, la fede socialista, la tendenza sindacalista e gli insegnamenti paretiani, è assai difficile dire che cosa egli pensasse.

Ben presto, però, deve abbandonare Berna, perché una sera che era fissata una riunione socialista in una birreria ed oratore doveva essere proprio Mussolini, viene accoltellata una spia. Mussolini è, perciò, costretto a fuggire, e, dopo aver passato una notte nell'abitazione di una studentessa russa, prende il treno per Ginevra.

Vive qualche giorno clandestinamente in questa città, indi passa il confine e va in Savoia, prima ad Annemasse e poi a Chambéry, torna ad Annemasse, ove, per vivere, indovina la ventura e fa le carte alla sottoprefettessa francese52.

Ma i compagni hanno scritto ad Amilcare Cipriani e costui lo invita a recarsi a Parigi.

Il 20 febbraio 1903, Mussolini si pone in cammino per recarsi a piedi a Parigi, ma non si sa come finisce a Milano, ove stringe amicizia con Arturo Labriola, Walter Mocchi e Tommaso Monicelli, rappresentanti il movimento intellettuale che fiorisce in quell'epoca nel socialismo italiano.

Resta cosí in Italia per poco tempo. Infatti nel maggio 1903 è di nuovo a Berna, donde, però, viene espulso per mancanza di documenti. In questo periodo ed in questa città comincia a frequentare le cellule anarchiche, e, come tale, viene segnato alla Polizia svizzera53.

Passa, quindi, nel Canton Ticino, ove riprende a lavorare come muratore. Ma, a metà estate, si mette nuovamente in cammino, e va a Friburgo credendo di trovarvi il fratello Arnaldo, che, nel frattempo, però, si era trasferito a Berna. Non potendo raggiungere Arnaldo a Berna, a causa dell'espulsione, prosegue per Zurigo, ove, secondo i biografi fascisti, avrebbe iniziato lo studio del tedesco ed avrebbe conosciuto Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg, Bebel e Vollmar54.

In questo periodo di tempo spera di potersi trasferire a New York come redattore del quotidiano 'Il Proletario'55, ma all'inizio dell'inverno è improvvisamente chiamato in Italia, perché la madre inferma desidera vederlo.

Espulsione dalla Svizzera.

Resta cosí per qualche tempo a Dovia, poi riprende il suo viaggio, in pieno inverno, raggiunge Lugano e Bellinzona, ove si occupa come garzone in una specie di distilleria, e per qualche giorno, presso una fabbrica di trebbiatrici.

Secondo i biografi fascisti nelle lunghe notti di gennaio e febbraio 1904 avrebbe letto su testo tedesco le opere di Federico Nietzsche56. Cosí all'anarchia, al socialismo, al sindacalismo soreliano ed alle dottrine paretiane, si aggiunge, quinta fra cotanto senno, la dottrina del superuomo.

Ma ben presto si stanca e nel febbraio va a Zurigo, ove partecipa al congresso dei socialisti italiani in Isvizzera, come relatore del tema: 'Situazione del partito socialista italiano'.

Ma anche a Zurigo resta poco, e dopo di essere passato per Losanna nell'aprile 1904 si trova a Ginevra. Durante la sua permanenza in questa città arriva Emilio Vandervelde, capo del socialismo belga, per tenere una conferenza sul tema: "Gesú Cristo come liberatore degli schiavi e precursore del socialismo”.

"Alla fine della lucida conferenza del Vandervelde – scrive Margherita Sarfatti57 – egli [Mussolini] chiese ed ottenne non senza scandalo il contraddittorio per una carica a fondo contro il Vangelo e il Galileo (vedi Carducci e vedi Nietzsche), colpevole di aver fatto crollare il magnifico edificio dell'Impero romano sotto la spallata della Sklavenmoràl, indebolendo con le ideologie di dentro la resistenza ai barbari di fuori. Auspici i Russi – tutti un poco teosofi – era appena risalito al Buddo attraverso lo Schopenhauer, maestro del Nietzsche suo maestro. Che cosa era poi il Messia, coi suoi quattro discorsi e parabolette, in confronto al corpo di dottrine elaborate dal Buddo in quaranta volumi, attraverso quarant'anni di penitenza, di meditazione e di lavori apostolici?

"Placido e caustico, il Vandervelde gli diè ragione: Gesú non aveva perseverato in quarant'anni di tranquilli travagli ascetici. Il cher camerade però dimenticava il piccolo incidente professionale che verso i trentatré anni aveva danneggiato la sua carriera rivoluzionaria. Tanto lo confuse e turbò la risata unanime della folla, e forse anche il sorrisetto involontario della sua bella compagna russa, Elena M., che Mussolini da allora giurò di non attaccarsi piú a Vangeli o Bibbia; anzi per precauzione si guarda persin dal citarli58."

Rimane ancora a Ginevra ove si ferma per quaranta giorni, ma la mattina della domenica delle Palme, è chiamato al palazzo municipale di Ginevra ed arrestato per una zuffa con un compagno di lavoro della Svizzera italiana. Dopo due giorni, però, è assolto, ma la polizia non lo rilascia, anzi lo trasferisce nelle carceri di Lucerna, per l'emissione di imminenti provvedimenti di polizia59. Si parla di espulsione dal territorio della Confederazione Svizzera, ma l'intervento del deputato socialista Wyss60 riesce a trasformare il minacciato provvedimento di espulsione generale in semplice espulsione dal Cantone di Ginevra. Il lunedí in Albis, infatti, viene accompagnato a Bellinzona, ove resta ospite del filosofo Giuseppe Rensi.

Intanto a Ginevra sui giornali socialisti si accende la polemica per la "brigantesca espulsione del nostro Mussolini" e quest'ultimo dirige la seguente lettera all'on. Wyss61: "Ho letto proprio in questo momento nel 'Genevois' che voi intendete presentare al Consiglio Federale una protesta per la mia espulsione, decretata dal commissionario di polizia. Per mettervi meglio in condizione di farlo, mi presento a voi con una breve autobiografia. Sono venuto in Isvizzera all'età di diciannove anni. Ho lavorato guadagnandomi un onesto vivere in Losanna. Tornai in Italia per trovare mia madre, e poi col mio amico Donatini, profugo politico, fissai la mia residenza in Annemasse, sull'opposta sponda francese, dove progettammo di fondare una rivista internazionale di cultura socialista. Il 1° marzo 1904 venni a Ginevra con l'intenzione di iscrivermi all'Università. Vi si dirà che sono anarchico. È una bugia. Durante questi ultimi anni ho scritto e parlato molto, contribuendo di mia tasca alla vita del 'Proletario' di New York, dell''Avvenire del lavoratore' di Lugano e dell''Avanguardia' di Milano. Sfido la polizia a trovare in uno qualsiasi dei miei scritti una sola linea anarchica. Sia in Isvizzera che in Italia io sono stato sempre definito come socialista. Al nostro congresso di Zurigo presentai una mozione che, sebbene rivoluzionaria, non può in alcuna guisa essere interpretata come anarchica. Durante i quaranta giorni che io mi fermai a Ginevra passai la maggior parte del mio tempo nella biblioteca dell'Università. Il mio dossier è un pacco di menzogne. Sono stato espulso senza darmi nemmeno il tempo di restituire le chiavi della mia camera, raccogliere i miei oggetti e consultare i miei avvocati. Le autorità dissero a quest'ultimi che ero tornato ad Annemasse. La verità è che fui obbligato a prendere un treno per Chiasso per essere trasportato in Italia.

"La mia espulsione è una disgrazia per la Repubblica che vuole conservare le tradizioni della libertà svizzera. Un simile procedimento è indegno anche di una monarchia. Mi trovo a Losanna ove spero di essere lasciato in pace. Il commissionario di polizia incontrerà alquanta difficoltà per giustificare la sua azione."

La 'recluta rossa' si addestra.

A Bellinzona e a Lugano Mussolini trascorre qualche tempo tenendo conferenze e dando lezioni, poi va a Losanna passando, però, per Ginevra, ove, prima di partire, imposta una cartolina illustrata diretta al capo della polizia cantonale con la firma e la qualifica 'socialiste révolutionnaire'62.

A Losanna vive dando lezioni private. Partecipa il 13 giugno ad un grande comizio ad Ouchy per protestare contro la proposta russa di una convenzione internazionale contro gli anarchici63, e, poco dopo, si butta a capofitto nel grande sciopero dei muratori promosso dalla Federazione Muraria Unione. Tiene discorsi e contraddittori in due lingue, e sul giornale 'L'avvenire', nominalmente diretto dall'avv. Barboni ma in effetto scritto da capo a fondo da lui, incita gli operai alla rivolta. "Non avremo una rinuncia dettata da motivi altruistici, ma un duello sanguinoso fra le forze della conservazione e quelle del divenire. Una tempesta insurrezionale, episodio preliminare di quella profonda trasformazione della società umana che verrà realizzata con l'avvento del socialismo64."

Termina lo sciopero dei muratori e comincia quello dei carpentieri. Mussolini è nuovamente sulla breccia, e, per dieci giorni, si prodiga. Poi lavora alla fondazione di un circolo cooperativo comunista nel Canton di Ginevra65, ed infine si tuffa con entusiasmo nello sciopero dei muratori italiani a La Chaux-de-Fonds.

Il governo affida al colonnello Robert la tutela dell'ordine pubblico e lo sciopero dura esattamente un mese. Quando termina, Mussolini è ormai divenuto tanto celebre che, non appena arriva nuovamente a Zurigo, viene arrestato ed espulso dalla Confederazione66.

«Vi pentirete un giorno di questa indegnità» egli profetizzò roteando i denti, quando lo sottoposero alle umilianti misurazioni antropometriche.

«Ma, caro signore, ma come, ma lei dovrebbe invece essere molto contento», lo rassicurava il medico specialista. «Sa che vi sono appena ottanta personalità politiche rivoluzionarie in tutto il mondo, ritenute degne dei nostri archivi67

Intanto il R. D. 17 settembre 1904, n. 517, aveva fatto cessare la sua qualità di renitente di leva68, ed egli verso la metà di dicembre 1904 pensò di rientrare in Italia. Infatti il 3 gennaio 1905 si presenta al Distretto di Forlí e l'8 gennaio successivo è aggregato all'VIII Bersaglieri di Verona69.

Immediatamente fu nominato la 'recluta rossa' e divenne popolare anche perché superava tutti gli altri commilitoni nel salto in alto70. Le sue attitudini bersaglieresche sembrarono tanto spiccate, che ancor oggi risaltano71.

Ma dopo qualche mese Rosa Maltoni muore, ed il 26 febbraio 1905 Benito scrive al capitano Simonetti una famosa lettera, citata da tutti i biografi fascisti72: "Stimatissimo Sig. Capitano, a nome di mio padre, di mia sorella, di mio fratello, la ringrazio di cuore, e con lei i signori ufficiali e i miei compagni delle buone espressioni a mio riguardo. Dalle decine di lettere che ho ricevuto in questi giorni, molte passarono al fuoco, perché non ripetevano che le solite banali frasi di convenienza, ma conserverò invece la sua, signor Capitano, fra le piú care memorie della mia vita. Ora, come lei dice, non mi resta che seguire i consigli di mia madre ed onorarne la memoria compiendo tutti i doveri di soldato e di cittadino.

"A femmine si addicono lunghi gemiti e pianti – agli uomini forti soffrire e morire – in silenzio piuttosto che lagrimare; – onorare le memorie domestiche e quelle piú sacre della Patria, ma è meglio ancora prepararsi onde non essere discendenti ignavi, ad opporre invece valido baluardo di petti qualora i barbari del Nord tentassero di ridurre l'Italia a un'espressione geografica."

Per la morte della madre egli riceve una licenza di due mesi, e, a mezzo del sindaco di Predappio, si offre quale insegnante per supplirla73. Ma tale sua richiesta non viene accolta dall'Ispettorato Scolastico74.

Immediatamente dopo presenta domanda per riduzione di ferma per aiutare il babbo ed il 4 settembre 1906, dopo ventun mesi di servizio, viene congedato75.

In questo periodo i familiari pensarono ad un matrimonio con una maestra elementare di un paese vicino, ma da questo flirt non nacque altro che una romanza: Bimba non mi guardare, che fu musicata dal figlio del capobanda locale76.

Il 15 novembre 1906 parte per Tolmezzo, preceduto da una lettera del prefetto di Forlí consigliante il prefetto di Udine di "sorvegliare la futura attività politica del socialista rivoluzionario Benito Mussolini".

Gli viene assegnato un posticino di maestro elementare a L. 55 al mese a Caneva di Tolmezzo.

Quivi giunto egli si tuffa nuovamente nella vita scapestrata e si procura piú di un nemico per le sue burle e le sue violenze.

"Lassú ricordano ancora le sue prodezze, le sue stravaganze ed i suoi amori: brutti scherzi giuocati ai semplici, fingendo gli spettri fra le rovine della rocca a forma di panni bianchi; notti passate fra le mura del camposanto declamando versi alle tenebre ed ai sepolcri; lunghe corse a capo scoperto sotto la tramontana e improvvise soste sul fiume per vedere la corrente fuggire e lasciarsi frustare dal vento; sfrenate danze, condotte fino al mattino, in uno scialacquio di vino e di canti con la bionda gioventú delle donne dalla faccia di latte e di sangue, piene di forza e di vita, atte ad amare e ad operare77."

Poiché aveva acquistato l'abitudine di bestemmiare viene denunziato alle superiori autorità scolastiche. Ma è assolto dal sopraintendente grazie all'innocuo carattere culturale e storico delle imprecazioni. Risulta bensí vero che il sig. maestro Benito Mussolini eccede nel verbo, però l'oggetto del discorso è sempre il Buddo – ovverossia Maometto78."

Altra volta per una critica troppo vivace alle istituzioni si parlò di arresto e Mussolini dovette allontanarsi da Caneva per otto giorni nascondendosi tra i monti79.

Secondo la Sarfatti, durante questo periodo prendeva lezioni di latino e di greco da monsignor Candotti, dotto prelato del luogo80.

Terminato l'anno scolastico le autorità locali non credettero di riconfermarlo e Mussolini si allontanò da Caneva senza nemmeno tentare la riconferma del posto81.

Torna a Dovia e si reca ogni mattina a Forlí per prepararsi, sotto la guida della signorina Mercuri, all'esame per l'abilitazione all'insegnamento della lingua francese82. Infatti, nel novembre 1907 ottiene presso l'università di Bologna tale abilitazione con buona votazione.

In questo periodo di tempo pensa di recarsi nuovamente all'estero e si rivolge al sindaco di Predappio, pregandolo di intercedere presso il ministero degli Affari Esteri per far sí che "l'opinione non buona di lui avuta presso la polizia internazionale venga cancellata" e dichiarando di aver radicalmente cambiate le sue idee83.

Ma nel marzo successivo, cambia nuovamente proposito e rimane in Italia per dedicarsi all'insegnamento. È Lucio Serrati, che ad Oneglia dirige 'La Lima', che ottiene dal direttore della scuola tecnica privata Ulisse Calvi la chiamata di Mussolini come insegnante di francese.

Naturalmente egli non è nemmeno arrivato che la polizia di Oneglia si reca dal direttore della scuola per informarlo che Mussolini è un socialista rivoluzionario pericoloso e per chiederne il licenziamento, ma il direttore non si presta.

Ad Oneglia collabora nel giornale di Serrati, facendo una viva campagna antimilitarista ed insurrezionalista. Egli non vede la possibilità di un compromesso e scrive ('La Lima', 14 marzo 1908): “Gli interessi del proletario sono antagonistici a quelli della borghesia. Tra queste due classi nessun accordo è possibile. Una di esse deve sparire. La meno forte sarà eliminata. La lotta di classe è dunque una questione di forza. Gli operai devono accumulare questa forza che assicurerà loro la vittoria finale, e, per accumularla, devono unirsi. La lotta finale sarà violenta, catastrofica, poiché i capitalisti non rinunceranno volontariamente al loro potere economico e politico. In questo caso un periodo piú o meno lungo di violenza accompagnerà il passaggio dall'uno all'altro modo di produzione”. Perciò bisogna combattere tutti gli strumenti dell'organizzazione borghese, e tra essi, la forza armata: bisogna essere antimilitaristi. Solo cosí si potrà realizzare il socialismo: "Coloro che confondono – scrive nella 'Lima' del 18 aprile 1908 – Partito socialista e socialismo, si addimostrano di una fenomenale ingenuità. Il Partito socialista può morire, ma il socialismo non muore. Gli uomini passano non le idee84."

Accusato di antipatriottismo egli risponderà, prima di partire da Oneglia ('La Lima', 11 luglio 1908) "Noi ci vergognamo di essere cittadini italiani, non per il ricordo del glorioso passato che ha fatto di noi un popolo grande, immortale, nella nostra storia, non per la splendida natura che sorride a questa dolce nostra terra, ma per la delinquenza che vi spadroneggia, per la camorra che la infesta, per le brutture che in suo nome ogni giorno si compiono".

Prima di andarsene pubblica nel n. 25 della 'Lima' la seguente lettera aperta85: "Lettera aperta al Comando dei RR. CC. di Oneglia, al delegato di P. S. e, per girata, al prefetto di Rovasenda.

"Oneglia, 27 giugno 1908.

"Il riserbo che ragioni di ufficio e personali mi imponevano è cessato colla chiusura dell'anno scolastico. Ora posso parlare e sottoporre al giudizio di tutti gli onesti la condotta dell'autorità di P. S. a mio riguardo. Ciò che narro non può essere smentito. Ai primi dello scorso marzo venni in Oneglia come insegnante di francese nella scuola tecnica privata annessa al Collegio 'Ulisse Calvi'. Non avevo ancora aperto le valigie, quando i Carabinieri si recarono alla direzione del Collegio per assumere e dare informazioni sul mio conto. La direzione non si prestò alla bieca manovra poliziesca: ma fui semplicemente avvertito e null'altro. Passati alcuni giorni i Carabinieri si presentarono nuovamente al Collegio e, dopo avermi dipinto a colori assai foschi, chiesero alla direzione il mio immediato licenziamento. La direzione non accondiscese e di ciò va lodata. Ora mi sia lecito di fare una semplice domanda: non è delittuoso il tentativo di togliere il pane ad un individuo? Se la direzione, cedendo alle insistenti pressioni di questi egregi tutori dell'ordine mi avesse licenziato, non mi sarei forse trovato sul lastrico? Perché la P. S. non ha proceduto per via amministrativa alla mia espulsione da Oneglia ed ha preferito invece tentare di far compiere da altri un atto di brutale reazione politica? Infine non è rivoltante questa persecuzione delle idee sinceramente professate? Tra pochi giorni me ne vado, e perché possiate segnalarmi vi lascio il mio recapito esatto: casa situata sulla strada provinciale del Rabbi, al Km. 15, frazione Dovia, Comune di Predappio, provincia di Forlí. Prendete atto e studiate... se non sia possibile licenziarmi anche da casa mia."

Il 2 luglio 1908 Benito Mussolini torna a Dovia ed il 6 luglio è già in azione per attizzare lo sciopero agrario.

Gli stessi leccapiattini fascisti sono costretti a riconoscere che questo sciopero e l'azione degli scioperanti non possono giustificarsi e che Mussolini stesso concepí lo sciopero come un esperimento per studiare la dinamica insurrezionale del socialismo. Ma il lettore ha intelligenza sufficiente per giudicare la perspicuità di queste formule postume86.

Del resto, lo stesso Mussolini, dopo l'agitazione agraria, tentò nella 'Lima' dell'8 agosto 1908 di giustificare il suo operato con la seguente impostazione teorica: "I braccianti sono esposti a frequenti periodi di disoccupazione forzata e spesso sentono alle porte delle umili case battere gelida la miseria e la fame. Si sono tentati vari mezzi per risolvere il minaccioso problema e dare uno sfogo a questa sovrapopolazione agricola esclusa dalla stessa forza di mezzadria da un lavoro regolare continuo, e colonie di braccianti romagnole sono sorte ad Ostia nel Lazio e altre vanno fondandosi nel Salernitano, nella Basilicata e perfino in Calabria. Ma gli stessi organizzatori di queste correnti migratorie all'interno non si nascondono la temporaneità del rimedio e forse la sua inefficacia. Troppo esiguo è il numero degli emigranti perché la massa ne risenta duraturo sollievo. Ond'è che alle leghe dei braccianti non resta che gettarsi sulla mezzadria e chiedere una sempre piú vasta ed ordinata partecipazione ai lavori agricoli".

Però ciò non esclude che marxisticamente il bracciante ed il mezzadro sono entrambi lavoratori e Mussolini finisce per riconoscerlo: "La mèta ultima a cui tendono i braccianti è l'abolizione della mezzadria e l'eliminazione del padronato. Già nel Ravennate e nel Reggiano abbiamo esempi di affittanze collettive gestite da cooperative agricole. Il dualismo fra bracciante e mezzadro è fittizio, e, come tale, destinato a scomparire. Resterà il lavoratore della terra e il proprietario della terra. Fra lavoratore e proprietario s'impegnerà la lotta estrema. Essa è piú vicina di quanto si creda87."

Ma nemmeno queste ultime derivazioni risolvono il problema, tanto vero che, nell'immediato dopoguerra, Mussolini, dopo aver inventato il fascismo, parteggerà, nella stessa zona, per i mezzadri contro i braccianti!

Comunque, il 6 luglio comincia quest'agitazione agraria con la pretesa da parte dei braccianti di impedire ai mezzadri di tenere delle trebbiatrici. I mezzadri resistono e gli agitatori passano ad atti di violenza contro le persone e le cose. Allora il governo affida alla cavalleria la tutela dell'ordine pubblico.

Ed ecco il 'temperamento' del nostro eroe che gli gioca un brutto tiro. Il giorno 18 luglio 1908 incontra verso le 4 pomeridiane Emilio Rolli, organizzatore dei crumiri, il quale catechizzava alcuni operai. Immediatamente gli si avvicina minacciando di bastonarlo. Tanto bastò perché la sera stessa fosse arrestato e condotto, sotto buona scorta, al carcere giudiziario di Forlí, sotto l'imputazione di minaccia di grave ed ingiusto danno in offesa del Rolli. Giudicato per direttissima, fu condannato dal Tribunale di Forlí, con sentenza 22 luglio 1908, a tre mesi di reclusione.

Quello stesso giorno il suo difensore produsse appello e chiese che gli fosse concessa la libertà provvisoria; e la Corte di Appello di Bologna, con ordinanza 30 luglio 1908, accolse tale istanza. Il giorno dopo il sig. Alfredo Violani, amico del Mussolini, versò per lui la prescritta cauzione di L. 50, e il futuro duce venne scarcerato. Questa procedura penale ebbe termine con la sentenza della Corte di Appello di Bologna del 19 novembre 1908, che ridusse la pena a giorni dodici di reclusione, ed accordò al Mussolini il beneficio della non iscrizione nel casellario giudiziale88.

Terminate queste vicende giudiziarie, Mussolini si dedicò alla attività pubblicistica ed alla propaganda rivoluzionaria. Quest'ultima gli procurò una nuova condanna. Infatti, per direttissima, il 10 settembre 1908 il Pretore di Meldola lo condannò a L. 100 di multa, per aver tenuto in Predappio il 7 settembre, una conferenza dal titolo 'Necessità della rivolta', senza preavvisare l'autorità di P. S.

L'attività pubblicistica, poi, si estrinsecò nella pubblicazione dell'articolo La poesia di Klopstock dal 1789 al 1796, nelle 'Pagine libere' di Lugano, e nella pubblicazione dell'articolo La filosofia della forza nei numeri 48, 49 e 50 del 1908 de 'Il pensiero romagnolo'.

Quest'ultimo articolo non è che un sunto del pensiero di Friedrich Nietzsche, nel quale viene ripetuto l'attacco alla Sklavenmoral ed alla religione, ma Mussolini si astiene dall'esprimere il suo pensiero e, soprattutto, si astiene dal prendere in esame i rapporti tra la dottrina del superuomo ed il socialismo. Devesi ritenere, perciò, esagerato il tentativo dei biografi fascisti di trasformare questo articolo 'informativo' del pensiero di Nietzsche in documento dogmatico dal pensiero di Mussolini, per lo meno nel momento in cui fu scritto89.

Ma il suo spirito nomade ancor lo sospinge e nel febbraio 1909 egli si trasferisce a Trento quale segretario del 'segretariato trentino del Lavoro'.


III
A TRENTO

Irredentismo leggendario.

Nel 1909, cinque anni prima dello scoppio della conflagrazione mondiale, in nessun paese del mondo il fenomeno politico che va sotto il nome di 'irredentismo' era tanto irrilevante come nel Trentino.

Per convincersene basta leggere Il Trentino veduto da un socialista: libro che, nel 28 febbraio 1911, Mussolini pubblicò per i tipi della 'Voce' fiorentina.

Questo libro, attualmente quasi introvabile, venne fatto sparire posteriormente all'avvento per due ragioni a) perché era di ostacolo alla leggenda dell'attività irredentistica del nostro eroe durante la sua permanenza a Trento dall'8 febbraio al 26 settembre 1909; b) perché in esso l'autore prendeva nettamente posizione contro la Germania ed il pangermanesimo.

Dobbiamo, però, riconoscere che questo libro, descrivendo con assoluta obiettività la morta gora della vita politica trentina – compresa l'attività del Partito socialista – costituisce un'autorevole fonte per intendere nella sua giusta luce l'attività pubblicistica di Mussolini durante la sua breve permanenza a Trento90.

Il lettore, perciò, deve tener per fermo ciò che Mussolini acutamente osserva nella citata pubblicazione, e cioè che l'‘irredentismo’ non era mai stato fenomeno politico trentino, che esso, invece, era soltanto un'aspirazione di un'esigua minoranza di Italiani del Regno91, e che tutti i partiti e le classi del Trentino, né palesemente né occultamente, facevano della pregiudiziale irredentista ragione di politica attiva92. Anzi, lo stesso pangermanesimo, cosí imponente dottrinalmente e cosí attivo altrove, nelle valli trentine era costretto alla difensiva dal prepotente impulso della razza italiana, che, intellettualmente ed economicamente piú forte, mirava a ributtare i Tedeschi al di là del confine naturale93. L'I. R. Governo di Vienna, poi, in questa situazione di fatto, pur avendo la forza politica per schiacciare un eventuale irredentismo trentino, rispettava una discreta neutralità, sollecitato altresí a mantenersi su questa linea di condotta dal suo carattere supernazionale94.

Elogio della violenza.

Arrivando in questo paese rigidamente 'conservatore' l'8 febbraio 1909, Benito Mussolini prese alloggio – come apprendiamo da un documento della polizia italiana – in via Ravina n. 20 al secondo piano95.

Il suo arrivo fu immediatamente segnalato dalla polizia italiana, che si affrettò a rimettere a quella austriaca la scheda biografica del nostro eroe, imitata in ciò dalla polizia berlinese, che, nell'agosto 1909, informò Vienna che il nuovo venuto doveva essere considerato ‘anarchico?96.

Non appena arrivato entrò in azione, e naturalmente con uno dei suoi temi prediletti: Giordano Bruno. Infatti, il 17 febbraio commemorò il martire nolano per incarico delle associazioni anticlericali e del Partito socialista trentino.

Il discorso gli procurò qualche lode da parte di Cesare Battisti, che, quale direttore-proprietario del quotidiano 'Il Popolo', subito lo invitò a collaborare. Ciò non impedí, però, di occuparsi attivamente del settimanale del Partito: l'‘Avvenire del lavoratore’ di cui era direttore nella sua qualità di segretario trentino del Lavoro, anche dopo il 2 agosto 1909, epoca in cui venne assunto dal Battisti come redattore-capo del quotidiano 'Il Popolo'.

Le relazioni di Battisti con il Partito, erano, però, turbate da una piccola contestazione relativamente alla proprietà dell'‘Avvenire del lavoratore’. Infatti Battisti era proprietario del 'Popolo', che, al suo sorgere, appartenne al Partito e poi fu ceduto al Battisti con l'annessa tipografia. Anche l'‘Avvenire del lavoratore’ si stampava nella tipografia di Battisti, e, essendo passivo, il futuro martire desiderava divenirne proprietario, per raccogliere nelle sue mani tutta la stampa socialista di Trento. Ma Mussolini, non appena si accorse del proposito dell'amico, vi si oppose recisamente, senza preoccupazione di destare qualche dissapore97.

Egli portò subito nella lotta politica la sua caratteristica foga: le acque immediatamente s'incresparono, la polemica si sostituí alla discussione, lo schiaffo al trafiletto.

Avendo, infatti, Cesare Battisti, poco dopo l'arrivo di Mussolini, schiaffeggiato il giornalista Gadier, il nostro eroe trovò di suo gusto tale sistema polemico e promise sull'‘Avvenire del lavoratore’ di seguire l'esempio "ogni qualvolta si presentasse l'occasione"98.

E infatti, qualche mese dopo, per polemiche giornalistiche, si recò in casa di un redattore del ‘Trentino’, per schiaffeggiarlo. Ne nacque un tafferuglio, che ebbe termine con l'intervento di un comune amico99.

Naturalmente l'odio contro la borghesia fu il primo tema toccato, ed il 26 marzo 1909 commemorando sul 'Popolo' la Commune di Parigi, scrisse100: "Quest'uomo [il borghese], che vive nella guerra della vita, senza dolori materiali, senza sofferenze, che sembra un buon cattolico perché va alla messa, e magari è anche ateo, è il cittadino rispettato, osservatore rigido della legge. Ebbene; domani, quest'uomo in apparenza calmo, quando una massa di affamati scende nella piazza e reclama il suo diritto, e si accorge allora che vi sono dei malcontenti che disturbano la digestione, allora quest'uomo diventa feroce per difendere la proprietà, e manda la truppa a far tacere col piombo i sovvertitori e gli scamiciati che sono la forza del mondo."

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